
Hotel Calcutta
Anni Cinquanta: Calcutta si chiama ancora Calcutta e vive gli ultimi splendori del suo passato coloniale. Nella «striscia d’oro», la zona della città che gli inglesi chiamano Esplanade e gli indiani Chowringhee, il centro della vita mondana, si erge lo Shahjahan Hotel. È il regno del detective Byron, l’investigatore dalla pelle color mogano. È il regno di Marco Polo, il gran capo dell’albergo con un enorme tatuaggio sul braccio sinistro e sul petto villoso; di Connie, la ragazza del cabaret, una bellezza con gli occhi azzurri e i capelli platinati; di Gomez, il direttore della banda musicale che nel tempo libero sogna un altro mondo abitato dai re della melodia; di Karabi Guha, l’accompagnatrice che a tarda sera perde ogni grazia ed eleganza; di Sudata Mitra, l’hostess abbagliante nel suo sari azzurro cielo; di Sohrabji, il barman con la pelle del colore delle mele mature... e di Shankar, il narratore, un ex babu, impiegato «dell’ultimo avvocato inglese dell’alta corte di Calcutta», diventato la voce vera della grande metropoli indiana, il cantore degli anni del suo splendore.