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In primo piano

Maria Callas

René De Ceccatty

Maria Callas: da Ingeborg Bachmann a Roland Barthes, da Marguerite Duras a Hervé Guibert, scrittori e filosofi ne hanno celebrato il canto come la piú alta espressione della voce umana. La sua incredibile estensione vocale, la sua voce, come ha scritto Maurice Fleuret, «orientale e popolare, metallica, ricca di contrasti e roca», cosí lontana dalla scuola italiana di una Tebaldi, la sua postura vocale opposta alla tradizione, il suo inimitabile temperamento drammatico ne hanno eretto il monumento e costruito un mito che perdura sino ai nostri giorni. Oggetto di una mole incredibile di commenti, articoli, libri, spettacoli teatrali, balletti, la sua esistenza è stata spesso travisata da racconti infedeli, caratterizzati da un’ambigua mescolanza di stereotipi – sulla «sventura», sul «genio» e sul «destino» – e di curiosità morbose. Di straordinaria intelligenza musicale, Maria Callas non è stata, infatti, altrettanto saggia nella vita – secondo Marina Cicogna, la coproduttrice di Medea, il film di Pasolini che la vide protagonista, aveva sacrificato la sua carriera magica alla speranza del Grande Amore – ed è forse questo il motivo per cui tanti biografi, nel tentativo di trovare la chiave del suo mito, hanno fatto ricorso agli elementi propri di un melodramma. 
Animato da antica passione per Maria Callas, riaccesa dal suo interesse per Pasolini e dai rapporti di amicizia con i suoi ammiratori e ammiratrici, René de Ceccatty narra in queste pagine della vita della grande cantante lirica alla ricerca di ciò che l’ha resa unica e inimitabile a tal punto da non aver esercitato alcuna influenza visibile o udibile su altri artisti. Colei il cui nome basta da solo a simboleggiare l’opera lirica del XX secolo, colei che ha rivoluzionato il bel canto, andando oltre i manierismi gratuiti e inespressivi della tradizione, rimane un fenomeno unico, una stella che brilla da sola nel firmamento musicale del Novecento.

Bagliore bretone

Jean-Luc Bannalec

Ah, che dolcezza la costa bretone in una giornata mite e spensierata, soprattutto se è la costa di granito rosa, il cui bagliore soprannaturale ammalia e incanta. O almeno, questo è ciò che dovrebbe pensare anche il commissario Georges Dupin, finalmente in vacanza al mare, a Trégastel, con Claire, la sua compagna. La vacanza piú lunga della sua vita lavorativa. Peccato che Dupin odi la spiaggia: non sopporta di starsene in ozio, specie se programmato; la sua tolleranza verso i cappelli è minima (e il sole bretone non perdona chi non ne indossa uno); per non parlare della crema solare, che gli finisce sempre negli occhi. Insomma, per lui, l’inferno in terra. È per questo motivo che quando viene a conoscenza di una serie di crimini commessi in paese, piccoli ma inquietanti, Dupin non si lascia scappare l’occasione. Oltretutto la polizia di Trégastel lo viene a cercare: anche se, a dire il vero, solo per sentirlo in qualità di testimone. La situazione è piú grave di quello che era sembrata in un primo momento: un’ospite dell’albergo dove alloggia Dupin, infatti, è svanita nel nulla e, di lí a poco, un’altra donna viene ritrovata morta in una cava nei dintorni. 
È tempo che Dupin, per quanto combattuto fra l’amore per la sua professione e quello per Claire, la quale vorrebbe imporgli riposo assoluto, smetta i panni del turista e riprenda in segreto quelli dell’investigatore, in cui di certo si sente piú a suo agio. In men che non si dica, si ritrova immerso in una babele di voci, notizie, indizi che si propagano nelle maniere piú tortuose: perché a Trégastel i legami di famiglia e le amicizie di lungo corso, se osservati con occhio esperto, svelano piú di qualsiasi indagine ufficiale. D’altra parte, Dupin non è il solo a nascondere un segreto: i destini delle due donne suggeriscono l’esistenza di un passato comune che chiede di essere portato alla luce. 
Cosí miserie e splendori si mescolano nel sesto caso del commissario Dupin, a cui fa da sfondo il bizzarro e luminoso paesaggio roccioso della Costa Rosa, immobile e granitica spettatrice delle vicende umane.

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