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Narrativa italiana

In primo piano

22 vasche

Caroline Wahl

La vita di Tilda Schmitt è una tabella di marcia serratissima. Lavoro, tram, università, tram, piscina, spesa, casa. In apparenza fila tutto, come il movimento fluido con cui Tilda passa sul lettore del codice a barre i prodotti del supermercato in cui lavora part-time. Ogni giorno dietro la porta di casa l’aspetta Ida, 10 anni, viso dolce da bambina-sole dei Teletubbies, vestita di un guazzabuglio di colori, la sua sorellina che parla poco ma disegna moltissimo, che la segue in piscina ma solo quando piove. Ogni giorno, Tilda fa le sue 22 vasche, non una di più, non una di meno, niente pause. Sta per laurearsi in matematica, i numeri sono la sua zona di conforto: è così da sempre, da quando era piccola, da quando suo padre se n’è andato, da quando la mamma ha preso a bere, da quando è arrivata anche Ida che un padre non ce l’ha avuto proprio mai. Vive nella casa più triste della loro via, che già è triste. I suoi amici, manco a dirlo, sono via da un pezzo: ad Amsterdam, a Berlino, ovunque ma lontano da quella cittadina che tutti odiano, non solo Tilda. Poi un giorno, in piscina, compare quel tipo che nuota come un dio, tagliando con eleganza l’acqua col braccio; impossibile non notarlo quando finisce le sue vasche e, appoggiato al bordo della piscina, si sfila gli occhialini piantando gli occhi nei suoi. 22 vasche, per l’esattezza. Lo sguardo un po’ crudele, le sopracciglia aggrottate, è il ragazzo più bello di sempre, un sogno da trattenere dietro gli occhi chiusi. Come è un sogno il dottorato a Berlino che il suo prof le ha appena proposto: un lampo di futuro. Ma che fare con Ida? E con la mamma? E con le responsabilità di cui la sua famiglia disastrata la costringe a farsi carico? Una vasca dopo l’altra, Tilda cerca risposte e soluzioni nel caos della sua vita ordinata: potrà concedersi di riemergere per prendere fiato?

Maria Callas

René De Ceccatty

Maria Callas: da Ingeborg Bachmann a Roland Barthes, da Marguerite Duras a Hervé Guibert, scrittori e filosofi ne hanno celebrato il canto come la piú alta espressione della voce umana. La sua incredibile estensione vocale, la sua voce, come ha scritto Maurice Fleuret, «orientale e popolare, metallica, ricca di contrasti e roca», cosí lontana dalla scuola italiana di una Tebaldi, la sua postura vocale opposta alla tradizione, il suo inimitabile temperamento drammatico ne hanno eretto il monumento e costruito un mito che perdura sino ai nostri giorni. Oggetto di una mole incredibile di commenti, articoli, libri, spettacoli teatrali, balletti, la sua esistenza è stata spesso travisata da racconti infedeli, caratterizzati da un’ambigua mescolanza di stereotipi – sulla «sventura», sul «genio» e sul «destino» – e di curiosità morbose. Di straordinaria intelligenza musicale, Maria Callas non è stata, infatti, altrettanto saggia nella vita – secondo Marina Cicogna, la coproduttrice di Medea, il film di Pasolini che la vide protagonista, aveva sacrificato la sua carriera magica alla speranza del Grande Amore – ed è forse questo il motivo per cui tanti biografi, nel tentativo di trovare la chiave del suo mito, hanno fatto ricorso agli elementi propri di un melodramma. 
Animato da antica passione per Maria Callas, riaccesa dal suo interesse per Pasolini e dai rapporti di amicizia con i suoi ammiratori e ammiratrici, René de Ceccatty narra in queste pagine della vita della grande cantante lirica alla ricerca di ciò che l’ha resa unica e inimitabile a tal punto da non aver esercitato alcuna influenza visibile o udibile su altri artisti. Colei il cui nome basta da solo a simboleggiare l’opera lirica del XX secolo, colei che ha rivoluzionato il bel canto, andando oltre i manierismi gratuiti e inespressivi della tradizione, rimane un fenomeno unico, una stella che brilla da sola nel firmamento musicale del Novecento.

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